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Scelte
coerenti L’Alde verso il referendum In
un’intervista a “il Foglio”, il segretario di Lista Civica, e vice ministro
dell’Economia, Enrico Zanetti ha proposto ai sostenitori dell’Alde in Italia
di votare “si” al referendum di ottobre sulle riforme costituzionali in
cambio di una revisione della legge elettorale. Le forze riformatrici e
liberali del Paese non possono votare “no” ad una proposta costituzionale che
si pone l’obiettivo di superare il bicameralismo paritario, risolvere la
legislazione concorrente del titolo V e abolire le province. Altrimenti,
indipendentemente, da come sia il testo di riforma, il “no” sancirebbe un de
profundis ad ogni ulteriore cambiamento. condannandoci a restare in una
situazione costituzionale che la gran maggioranza delle forze politiche
considera deprecabile, visto che sia il programma del centrosinistra del ’96,
che quello del centrodestra del 2001, proponevano di superare il
bicameralismo paritario. Zanetti è convinto che se si bocciasse la riforma
sarebbe come tornare indietro di almeno 20 anni. E’ però difficile capire,
invece, se il governo sia davvero disposto a rivedere la riforma della legge
elettorale, Renzi ha già detto alla minoranza Pd che non ci pensa proprio, o
per lo meno, che questo tema non è all’ordine del giorno. Può darsi che gli
argomenti sollevati da Zanetti, che vorrebbe allargare il fronte del si alla
riforma, sganciandolo dall’Italicum, possano fare breccia nei convincimenti
del presidente del Consiglio. Varrebbe allora almeno la pena di notare che il
modello del Senato proposto da Renzi è quello del Bundesrat tedesco che vige
accanto ad un sistema proporzionale. Il mondo repubblicano è oggettivamente
diviso o per lo meno indeciso sul voto da esprimere sulla riforma
costituzionale. Sotto il profilo del merito la riforma non ci piace, anche se
persino Giovanni Spadolini nel 1989 proponeva il superamento del
bicameralismo paritario. Purtroppo non abbiamo più Giovanni Spadolini, per
scrivere la riforma. Solo che il vice ministro Zanetti ci pone il problema
non sotto il profilo degli esperti di diritto costituzionale, ma sotto quello
delle alleanze politiche. Renzi ha rotto con la sinistra radicale ed è al
governo con una parte di fuoriusciti di Forza Italia, che non vuole legami
con i nuovi lepenisti italiani, e con Scelta civica, il movimento che molti
repubblicani scelsero di sostenere nelle passate elezione, oltre ai
fuoriusciti della Lega con il sindaco Tosi. In pratica dell’area liberal
democratica, anche i radicali voteranno “si” a determinate condizioni, solo
il Pli è nettamente contrario alla riforma Renzi. Non fosse che il Pli non ne
fa una questione costituzionale, ma politica: se il governo Renzi è una
minaccia per la democrazia, ci si allea a Roma con Giorgia Meloni,
notoriamente una democratica su cui contare. Quella del Pli è una scelta
logica e conseguente, anche a costo di abbandonare un piano di alleanza
liberal democratica, ed è la scelta di fondo che si presenta anche al partito
repubblicano. Se il problema della democrazia italiana è contrastare Renzi si
dovrà rompere con la maggioranza delle forze dell’Alde e chiudere i rapporti
con il centrosinistra. In questo caso, bisognerà per lo meno fare un nuovo
congresso perché il progetto liberaldemocratico va archiviato, come stanno
facendo gli amici del Pli. Roma, 6
giugno 2016 |
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